“Marcia, marcia. Ora sì che lo so con certezza. Ora potrò riposare senza svegliarmi di soprassalto per vedere se il sangue mi porta altro sangue nuovo. Perché ho ucciso mio figlio, con le mie mani… ho ucciso mio figlio.”
F.G.Lorca
Yerma è la storia di una giovane contadina, frustrata per non poter avere figli con suo marito, Juan.
Centrale è questo conflitto interno di una donna sposata, che mira ad essere una donna completa soltanto nel concepimento di un figlio, che tenta di avere, infruttuosamente.
La tragedia di Yerma è annunciata dal suo stesso nome (yerma, arida come la sua terra andalusa) e materializzata nella possibile sterilità di Juan, che non può nè vuole avere un figlio: la tragedia sbocca nell'omicidio di Juan per mano di Yerma, accecata dalla rabbia per l'impotenza del marito.
Note di regia
La tragica parabola di una donna cui è negata la gioia della maternità, Yerma, annuncia presagi, oscuri e psicologici, lontani all'uomo.
Il tempo e i luoghi non riesce ad allontanarli, ricordi che affiorano come presenti in una dimensione onirica e visionaria, come fantasmi, di un passato ancora vivo nella memoria. I dialoghi, in un contesto surreale, tra Yerma e la vecchia pagana, la ricerca del segreto della fecondità, i commenti maliziosi delle donne, tutto
questo mondo intensamente femminile costituisce una splendida cornice di credenze e sentimenti popolari circa la sessualità e l'erotismo nella “donna madre”. Il tema della maternità frustrata viene veicolato in Yerma attraverso immagini- quadro e poetiche che abbracciano l'azione drammatica dell'opera; tutto questo proposto in un (non luogo) sono archetipi che oltrepassano i simboli individuali della realtà contingente per toccare una dimensione universale, e la totalità dell'azione drammatica che culmina in
tragedia acquisisce carattere di mito.
(Tonino Di Ronza)